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FIO.
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FIO.
Definiz: Sost. masc. Nome che davasi a quella lettera che nella vecchia tavola del nostro alfabeto, stava a rappresentare l'ipsilon dei Greci.
Dal nome che ha il segno Φ nell'alfabeto greco. –
Esempio: Comm. Anon. Dant. 1, 578: L'ultima lettera è il fio, ch'è ne l'ordine delle lettere.
Esempio: Sacch. Op. div. 30: Nota che Pittagora aggiunse all'abicì il fio.
Esempio: Pulc. L. Morg. 18, 137: S'io so falsare un libro, Dio tel dica: D'un iccase farotti un fio, che a sesta Non si farebbe più bello a fatica.
Esempio: Gell. Lettur. 1, 62: Onde la assomigliò a quella lettera la quale i Greci chiamano ipsilon, e noi volgarmente fio.
Esempio: E Gell. Lez. 285: Figurava [Pittagora] la nostra vita per quella littera la quale è da noi chiamata fio.
Esempio: Allegr. Rim. Lett. 244: Veggio nel fango il bel tesoro mio, Che esser dovea in ciel, per questo ei vale Come nell'abbiccì moderna il fio.
Esempio: Salvin. Annot. Tanc. 569: Quello ly che, scritto col fio, usano gli scolastici nel latino, mi piacerebbe, come barbarismo intruso, scacciare, e in vece di quello accenno, adoprare con gli eruditi oltramontani la voce greca τό.
Esempio: E Salvin. Casaub. 172: Quelli, che agli avanzi di Petronio posero il titolo di Satyricon col fio; questi, senza dubbio, ebbero in veduta la greca origine della voce Satira.
Esempio: Ricc. A. M. Rim. Pros. 148: Sebben poi non si sa come C'entrin l'ette, il conne e il ronne A pretender ch'abbia nome Non già fio, ma issilonne.
Definiz: § I. E in locuz. figur., per Fine o Conclusione di un discorso, racconto, e simili; tolta la maniera dall'essere il fio negli antichi abbecedari una delle ultime lettere dell'alfabeto. –
Esempio: Pucc. A. Centil. 21, 100: Ma, perchè valicar non voglio il segno Di cento versi, ch'è l'ordine mio,... Dall'icchesi mi parto, e vengo al fio.
Definiz: § II. Onde dall'A al Fio, vale Dal principio alla fine, Per filo e per segno; ed altresì Interamente, Affatto: che oggi dicesi piuttosto Dall'A alla Zeta. –
Esempio: Sacch. Rim. M. 331: Tanto son fatti buj I costumi dall'A infino al Fio, Ch'io non so ch'io mi dica, Antonio mio.
Esempio: Pulc. Luc. Driad. 46 t.: Io ti racconterò dall'A al Fio Sì come so ordire il male e tessere.
Definiz: § III. Non scorger l'A dal Fio, vale figuratam. Non distinguer l'una cosa dall'altra, o Non saper bene rilevare la differenza fra le cose. –
Esempio: Sacch. Rim. M. 216: Averrois a tal romor si mosse Dicendo:... Or veggio, ch'io non scorsi l'A dal Fio; Veduto ha questi più che non vid'io, Onde son cieco, e di vederlo ho voglia.
Definiz: § IV. Un fio, vale Un minimo che, Un nulla; oggi più comunemente diremmo Un ette, Un'acca, Uno zero, o simili. –
Esempio: Bocc. Rim. 106: Per tôr di noi il mormorar altrui, Donna, l'ho fatto, e giuro per colui Le cui saetta non curate un fio, Ch'altri di voi, di me non può dir mio.
Esempio: Belc. F. Laud. 6: Stima il mondo men che un fio, Se vuoi amare el magno Dio.
Esempio: E Belc. F. Laud. 15: Pompe e ricchezze non curano un fio.
Esempio: Bern. Rim. burl. 1, 130: La maggior parte tiene il pane e il vino, A rispetto il pescar, manco d'un fio.
Esempio: Corsin. B. Torracch. 3, 38: Or non vogl'io Che l'eccellenza tua pur si discosti Da tal proponimento un'acca, un fio.