Lessicografia della Crusca in rete

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Definiz: Particella pronominale. Lo stesso che Mi, di cui è forma varia, usato come compimento indiretto, e vale A me, e, in certe locuzioni, anche Per me. Usasi sempre davanti alle particelle pronominali Il, Lo, Li, Gli, La, Le, Ne, seguite da un verbo. Che se si accoppia con Il e Ne, si unisce spesso con esse in una sola parola, come Men vo, Mel dice, e simili. Allorchè viene usata dopo il verbo, si affigge ad esso, insieme però con una delle suddette voci (eccettuato Il), formandosi dell'una e dell'altra il doppio affisso; onde si fa Melo, Mene, ec. –
Esempio: Dant. Inf. 16: Ancor men duol, pur ch'io me ne rimembri.
Esempio: Petr. Rim. 1, 275: Vacillando cereo il mio tesoro, Com'animal che spesso adombre e 'ncespe: Ch'or mel par ritrovar, ed or ec.
Esempio: Bocc. Decam. 4, 7: lo non intendo di risparmiar le mie forze; anzi, senza rispondere quanto si converrebbe, con alcuna leggiera risposta tormegli dagli orecchi, e questo far senza indugio.
Esempio: E Bocc. Decam. 6, 59: Poichè tu di' di farmelo vedere ne' vivi (cosa che io mai più non vidi nè udii dir che fosse), ed io il voglio veder domattina, e sarò contento.
Esempio: E Bocc. Decam. 6, 299: Mandisi senza più indugio per un maestro il qual mel tragga.
Esempio: Sacch. Nov. 2, 54: Vi prego me 'l diate, e anderommi verso la città, dond'io venni.
Esempio: Macingh. Strozz. Lett. 72: Sì che piglia il destro tuo di comperarmelo (il lino).
Esempio: Bemb. Pros. 122: Perciochè qualunque volta elle (le voci che fanno vece di lui, lei, loro) giacciono dopo essi, eglino nella E se n'escon sempre, Darmelo, Fartelo e Sassel chi n'è cagion; che disse il Petrarca, e Tengasel bene a mente, ec.
Esempio: Zanott. F. M. Forz. viv. 15: Io non credeva.... che avendomi voi invitato ad una sì celebre controversia, foste poi così duro, che non voleste mostrarmene almen l'ingresso.
Esempio: Fosc. Poes. C. 133: Al cor men foce Dono la bella dea che in riva d'Arno Sacrasti alle tranquille arti custode.
Esempio: Niccol. Poes. 1, 124: O sacra Erinni, Allor che avrò l'empio tiranno a fronte, Tu mel dirai coll'odio.
Definiz: § I. Pure per Mi, usato come compimento diretto. –
Esempio: Dant. Purg. 16: Io scoppio Dentro a un dubbio, s'i' non me ne spiego.
Esempio: Petr. Rim. 1, 252: Devea torcer gli occhi Dal troppo lume, e di sirene al suono Chiuder gli orecchi: ed ancor non men pento, Che di dolce veleno il cor trabocchi.
Esempio: Varch. Ercol. 6: Io non potea nè dovea, ricercandomene egli con tanta instanza e per tante lettere, non pigliare a difendere le ragioni sue.
Esempio: Car. Lett. ined. 1, 73: Tenendomele infinitamente obbligato nell'animo.
Esempio: E Car. Lett. ined. 1, 102: Desidero farle ogni servigio, e per sempre me le offero e raccomando.
Esempio: Segner. Pred. 38: Che credete? Ch'io venga questa mattina su questo pergamo per arringare a favor de' vostri nemici? Dio me ne liberi.
Definiz: § II. Usasi in modo pleonastico, specialmente nel parlar familiare, per dare maggior grazia od efficacia al discorso. –
Esempio: Cavalc. Vit. SS. PP. volg. 2, 158: Se io avessi saputo quando tu andasti, bene arei voluto che me ne avessi menato (dei cammelli) uno a me per le mie sportelle.
Esempio: Bocc. Decam. 3, 37: Mi pregò il castaldo loro, quando io me ne venni, che, se io m'avessi alcuno alle mani che fosse da ciò, che io gliele mandassi.
Esempio: Sacch. Nov. 2, 69: Crollando il capo disse: Io me 'l terrò a mente.
Esempio: E Sacch. Nov. 2, 119: Dice il Gallina: Guerrieri, tu motteggi sempre; io me n'ho una mia una. E Guerrieri rispose: Ed io me n'ho un'altra, che quella lampreda fu la miglior cosa che io manicasse anche.
Esempio: Bemb. Asol. 25 t.: Ed io non mel sapea, che 'n quello stato, Così cantando, e, 'n quelle dolci notti Forse avrei posto fine a la mia vita.
Esempio: E Bemb. Rim. 25: Io men vo' gire Dritto colà, donde questi si parte; Che stando in altra parte.
Esempio: Panciat. Scritt. var. 73: Io sento com'io sto. Signori, io me ne vo: Chi vuol nulla di là?
Esempio: Magal. Lett. fam. 1, 241: Adesso adesso mi vesto, e me ne vo difilato in anticamera della Serenissima.
Esempio: Manz. Prom. Spos. 669: Dammelo qui a me, disse uno di quelli che venivano a piedi accanto al carro.
Definiz: § III. Pure in vece di Mi, talora, in rima, si affigge ai verbi. –
Esempio: Dant. Purg. 8: Ella giunse e levò ambo le palme,... Come dicesse a Dio: D'altro non calme.
Esempio: Ar. Orl. fur. 9, 56: Or, se in voi la virtù non è diforme Dal fier sembiante,... E credete poter darmegli e tòrme Anco da lui, quando non vada retto; Siate contento d'esser meco a porme Ne le man sue.
Esempio: E Ar. Orl. fur. 13, 81: Di molte fila esser bisogno parme A condur la gran tela ch'io lavoro. E però non vi spiaccia d'ascoltarme Come ec.
Esempio: Tass. Gerus. 8, 50: Di' come e donde tu rechi quest' arme E di buono o di reo nulla celarme.
Esempio: E Tass. Gerus. 18, 31: O vieni a mover guerra, a discacciarme. Che mi celi il bel volto e mostri l' arme?
Esempio: Filic. Poes. tosc. 18: Ma sento o sentir parme Sacro furor che di sè m' empie. Udite ec.